G come Gioco l’Alfabeto di Massimo Campigli

Gioco del diabolo, 1953, courtesy Galleria Tega.

“La creazione è un gioco a nascondino col subcosciente”.Massimo Campigli

Quella del gioco potrebbe essere considerata una naturale propensione dell’artista Campigli, un pretesto per indagare le origini creative che hanno ispirato la sua pittura.

Èun gioco dell’immaginazione quello che porta Campigli bambino a fantasticare di palazzi a chiocciola abitati dalle sue donne prigioniere, figure misteriose che si donano allo sguardo incantato del loro sovrano. Così anche le composizioni di Campigli, nelle loro infinite combinazioni di forme geometriche, diventano occasione per un gioco di rimandi e simmetrie, che accompagna l’occhio dello spettatore “in giro per il quadro per dritte e per curve, angoli rispondenti e felici incroci”. Come le carte nell’amato “vizio” del gioco del solitario, così nella tela, ogni cosa alla fine andrà al suo posto predestinato. “E’ un piacere di quest’ordine – afferma Campigli – che provo nel comporre un quadro”.