La cucina futurista

Se torniamo indietro nel tempo, per approdare nell’Italia del 1932, il concetto di ‘cucina’ assume un significato nuovo e spiazzante, partorito dalla folle ispirazione di Marinetti e compagni in risposta ai “difensori della pastasciutta”.

Pochi mesi prima, dopo una cena milanese al ristorante ‘Penna d’oca’, il teorico del Futurismo si scagliava contro quell’alimento amidaceo che è la pastasciutta – che “si ingozza e non si mastica… Ne derivano fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo … una palla e un rudere che gli italiani portano nello stomaco come ergastolani o archeologi” – auspicando l’affermazione di una tavola avanguardista in risposta all’assurda religione gastronomica italiana e proponendosi di “avvicinare elementi separati da prevenzioni senza serio fondamento”.

 

“tutte le persone abbiano la sensazione di mangiare, oltre che dei buoni cibi, anche delle opere d’arte”

Marinetti e Fillìa (Luigi Colombo), artisti eminenti del movimento futurista, scrissero nel 1932 “La cucina futurista”; mai un movimento artistico si era spinto a una così appassionata adesione all’ideazione culinaria e alla codificazione gastronomica e conviviale, progettando ricette e ideando scenografie da tavola e ingegnose atmosfere da banchetto, impostando così una vera e propria filosofia della mensa e dei suoi riti. Non solo un libro ma la sistemazione schematica e programmatica del “Manifesto della cucina futurista” (pubblicato il 28 dicembre 1930, nella “Gazzetta del Popolo” di Torino), firmato a quattro mani dagli stessi Marinetti e Fillìa, che confermava l’interesse del movimento votato al dinamismo e alla modernità per il cibo, anch’esso parte di un progetto onnicomprensivo di evoluzione morale della società italica.

Duecento formule rallegranti e spesso irrealizzabili, che nella tavola futurista assumono i contorni di un divertissement giocato sull’equilibrio tra colore e gusto, sperimentazione e stile, cibo e illustrazione. Ricette astruse che tracciano i confini di un mondo culinario immaginario (e immaginato), che prende in prestito figure retoriche e suggestioni visive, dall’Aerovivanda al Brodo solare, dal Carneplastico al Paesaggio alimentare, ai Reticolati del cielo, tra Uova divorziate, Sciatori mangiabili e Zuppe zoologiche: piatti elaborati dai cuochi futuristi, in modo che “tutte le persone abbiano la sensazione di mangiare, oltre che dei buoni cibi, anche delle opere d’arte”.

 

Ma cosa è rimasto oggi della prorompente stagione della Cucina Futurista? Forse più di quanto si pensi. A rileggere oggi il manifesto gastronomico Futurista, si intuisce che alcuni dei suggerimenti di Marinetti hanno trovato applicazione. Le ricette che apparivano allora rivoluzionarie, anche se in parte erano derivate da preparazioni rinascimentali, furono in alcuni casi un’anticipazione della Nouvelle Cuisine all’italiana.