Arte e videogiochi: quando i quadri ispirano mondi videoludici

“Esiste un livello di realismo che puoi raggiungere solo attraverso l’immaginazione”

Fumito Ueda

Quale può essere il sottile legame che collega Giorgio de Chirico, famoso artista metafisico, e ICO, un datato gioco di casa Sony? La risposta è: lo stile.

Ma partiamo con ordine, lo sviluppo artistico nei videogiochi sta assumendo un ruolo sempre maggiore nel gioco stesso; da quando sono stati istituiti gli oscar dei videogiochi (The Game Award) esiste una categoria chiamata “Best Art Direction” che si occupa di premiare il gioco con la miglior grafica e con il miglior stile artistico. Tutto questo crea un forte legame con l’arte, ma perché? Semplicemente perché l’arte è un forte mezzo con cui le emozioni vengono a contatto, l’arte manda messaggi forti, esprime meraviglia, dolore e molte altre emozioni e questo la rende in linea con ciò che anche i videogiochi vogliono trasmettere.

 “Il surrealismo di De Chirico suggerisce il mondo allegorico di ICO”

Fumito Ueda

Tornando al caso specifico,  ICO è un videogioco di avventura dinamica in 3D del 2001 e in comune con Giorgio de Chirico ha lo stile. Come mai i programmatori di questo gioco hanno scelto proprio lo stile metafisico? Beh, le ombre, le luci, la solitudine e il tempo che sembra essersi fermato risultano essere magnificamente suggestive e fungono perfettamente da ambientazione per questo gioco. Il designer Fumito Ueda si è ispirato proprio a de Chirico, di cui si può ammirare l’opera de “L’enigma della partenza” nella collezione permanente della Fondazione Magnani Rocca, e con cui si può fare un confronto, non solo per l’arte della sua cover, (cioè la copertina a protezione del videogioco) ma anche per le ambientazioni del gioco stesso. I contrasti delle ambientazioni presenti, il senso di desolazione e isolamento trasmesso dalla vastità degli spazi nel gioco sembrano quasi essere una celebrazione in movimento di tute le caratteristiche e i tratti principali dell’arte metafisica.

Cover di ICO (Particolare), 2001

Il contatto con la compostezza figurativa e la rappresentazione straniante dei dipinti di Giorgio de Chirico ha rappresentato senza dubbio una parentesi importante per la genesi del progetto. Applicata all’arte, la metafisica indica la volontà di andare oltre il mondo della natura per attingere ad una dimensione altra, superiore e trascendente, raggiungibile soltanto attraverso gli “occhi della mente”.  I quadri metafisici raffigurano oggetti riconoscibili in luoghi non consoni, grandi piazze deserte, immensi monumenti, frammenti di vedute; i vari elementi che li costituiscono sono posti tra loro tra loro in relazioni sorprendenti. Agli occhi del programmatore (Ueda) l’arcana estraneità di quelle opere riusciva a rendere perfettamente in chiave visiva e allegorica quel senso di solitudine, di vuoto e di prigionia che pervade l’intero viaggio.

Enigma della partenza (Particolare), Giorgio de Chirico

La dimensione onirica, la forza visionaria delle immagini e delle atmosfere, la sospensione temporale sono parte degli imprescindibili elementi che definiscono il sogno digitale creato da Fumito Ueda; le singolari manifestazioni consentono al giocatore di andare oltre ciò che osserva per coglierne aspetti e un significati più profondi attraverso l’immaginazione.

L’impatto grafico con le atmosfere irreali è favorito dall’utilizzo di una palette cromatica che predilige l’accostamento innaturale dei toni del verde e del marrone. Nel quadro di de Chirico “Mistero e malinconia di una strada” conosciuto anche come “Fanciulla con cerchio”  è riscontrabile chiaramente questo tipo di operazione di estraniamento e desaturazione del colore.

Mistero e malinconia di una strada (Particolare), Giorgio de Chirico

Nella luce e nei colori avvertiamo degli elementi irreali, con contrasti non sempre motivati, tra zone chiare, limpide e pulite, e altre oscure e velate che rendono ancor più enigmatica l’assenza di presenze umane come nella cover del famoso videogioco.

La grandezza di ICO risiede nella sua semplicità: è una tela cosparsa di pochi elementi abbozzati in grado di prendere forma concreta solo e unicamente grazie all’intervento del giocatore. L’impronta minimalista e l’estrema delicatezza con cui vengono trattati i temi dell’esilio e del sacrificio donano alla fiaba di Ueda una potenza evocativa e un fascino senza tempo che non sarebbe stato possibile raggiungere senza il fondamentale ruolo ispiratore di Giorgio de Chirico.

Autore: Axel Lorenzani

Studente di Comunicazione e Media contemporanei per le Industrie Creative all’Università di Parma. Appassionato di giornalismo, arte e cultura pop.


Scopri tutti i contenuti della mostra “Amedeo Modigliani. Opere dal Musée de Grenoble” e molto altro nell’Archivio storico.