Nel Surrealismo, l’occhio assume un ruolo centrale come simbolo di introspezione e accesso ai mondi interiori dell’inconscio.
Artisti come Man Ray, Salvador Dalì, Luis Buñuel, René Magritte e Stanislao Lepri hanno esplorato la potenza visiva e simbolica di questo elemento, arricchendo il loro immaginario di riflessioni su realtà, sogni e desideri repressi.
L’occhio come simbolo rivelatore: Stanislao Lepri e “L’oeil dans le jardin”
Un contributo significativo a questa tradizione simbolica viene da Stanislao Lepri, artista surrealista dal linguaggio enigmatico e raffinato. Nel suo dipinto “L’oeil dans le jardin”, l’occhio si staglia in un contesto naturale, un giardino che diventa il teatro per una visione onirica. L’occhio di Lepri, come nelle opere di altri surrealisti, non è solo un organo visivo, ma una finestra verso una dimensione altra, sospesa tra il mondo tangibile e quello dell’immaginazione.
La scena che Lepri costruisce richiama un’atmosfera sognante e al contempo inquietante, in cui l’occhio sembra osservare e giudicare silenziosamente la realtà circostante.
Lepri si colloca in quella corrente del Surrealismo che vede nell’occhio un simbolo di mistero e rivelazione, un elemento capace di sondare le profondità dell’inconscio e al contempo generare inquietudine. Il suo “L’oeil dans le jardin” richiama la costante tensione tra natura e psiche, tra l’apparenza idilliaca del giardino e la presenza incombente di un occhio che tutto osserva, forse con un accento vagamente giudicante o malinconico.
La scena dell’occhio in Un Chien Andalou
L’occhio è spesso presente nelle opere dei Surrealisti, non solo nella pittura, ma anche nella fotografia e nel cinema. L’esempio più famoso è la scena iniziale del film di Luis Buñuel Un chien andalou del 1929 in cui l’occhio di una donna viene tagliato con un rasoio (naturalmente un effetto speciale, si trattava in realtà un occhio di bue).
Una sequenza sconvolgente che contiene un simbolo molto evocativo: l’occhio viene aperto per aprire definitivamente anche la visione, rompendo ogni vincolo e confine. Il film è considerato una delle pellicole sperimentali più influenti di tutta la storia del cinema. Salvador Dalì, che aiutò Bunuel sia nella sceneggiatura che nel setting, si ispirò direttamente ad un dipinto di René Magritte.
Ossessione e attrazione: l’occhio nel Surrealismo da Dalì a Lepri
Come Buñuel e Dalì, anche Stanislao Lepri utilizza l’immagine dell’occhio in modo ossessivo, quasi feticistico, conferendogli un potere magnetico e surreale. L’occhio diventa un simbolo che non solo cattura l’attenzione, ma diviene un medium attraverso cui l’artista esplora gli abissi dell’inconscio. In Dalì, l’occhio è strumento di rivelazione e seduzione, mentre in Lepri assume un carattere più meditabondo, come se scrutasse il mondo da una posizione di contemplazione distaccata.
L’occhio come finestra sull’inconscio: Dalì, Magritte e Lepri
L’occhio nel Surrealismo, da Salvador Dalì a René Magritte, fino a Stanislao Lepri, è un elemento centrale per l’esplorazione dell’inconscio e della percezione.
Se Dalì lo vede come una finestra su sogni e desideri repressi, e Magritte lo utilizza per giocare con le percezioni ingannevoli, Lepri lo trasforma in una presenza quasi fantasma, un occhio che scruta con la calma enigmatica di chi sa che dietro ogni realtà apparente si cela un universo nascosto.
Le loro opere, ciascuna con una visione personale e distintiva, si confrontano con la capacità dello sguardo di andare oltre il visibile, di svelare verità che si celano dietro il velo delle apparenze.