Manoscritto miniato da Nicolò di Jacopo

Una scheda di Vittorio Sgarbi dedicata al capolavoro di Nicolò di Jacopo conservato nella collezione permanente della Fondazione Magnani Rocca.

Miniatore attivo a Bologna dove è frequentemente ricordato in atti pubblici: nel 1380 è magistrato dei tribuni della plebe; nel 1383 podestà; nel 1386 soprintendente al dazio della Baratteria; nel 1388 incaricato di arbitraggio per modificare i prezzi dei libri (in evidente relazione con il suo mestiere di miniatore); nel 1398 è iscritto nel Consiglio dei Quattrocento per il quartiere di Porta Procula; inoltre la sua firma ricorre frequentemente su miniature per manoscritti datati, il che attesta sa la sua fama, sia la sua coscienza del valore d’arteche esercitava. Intorno alle sue opere sono state raccolte, in passato, anche quelle di un grande artista della generazione precedente, già chiamato Pseudo-Nicolò, e, dal Longhi, l’Illustratore (sul problema si veda ora: A. Conti, La Miniatura bolognese, Scuole e botteghe, 1270-1340, Alfa, Bologna, 1981), artista di sostenutissima qualità e di livello superiore a quello di Nicolò.

Nicolò di Jacopo

I rapporti fra le opere dei due artisti hanno comunque indotto a pensare che l’Illustratore fosse il maestro o l’ispiratore di Nicolò. Importante dovette essere l’attività di Nicolò per la cappella di San Procolo; e infatti nei documenti il pittore è spesso ricordato come “Nicholaus Q Iacopi miniator Cappelle Sancti Proculi”, almeno dal 1357 al 1382. La sua cultura, che mostra punti di contatto con l’esperienza matura di Vitale da Bologna e con quella di Simone de’ Crocifissi e di Cristoforo da Bologna, ha una viva tensione espressiva nelle opere del primo tempo, tra il 1350 e il 1360, come vediamo negli Antiphonari eseguiti per San Michele in Bosco a Bologna, ora nella Biblioteca Estense di Modena, nelle Decretali di Giovanni di Andrea, conservate nella Biblioteca Vaticana (Cod. Lat. 1456), dove leggiamo la firma “Nicolaus de Bononia” e la data 1353, nel Codice R.42 inf. della Biblioteca Ambrosiana di Milano. Nei decenni successivi il linguaggio dell’artista evolve, mostrando punti di contatto con Tommaso da Modena e Andrea de’ Bartoli, come vediamo nelle due pagine miniate della Fondazione Magnani Rocca.

Si tratta di due fogli miniati, probabilmente provenienti dallo stesso codice, e certamente’ spettanti a Nicolò di Giacomo da Bologna, attivissimo miniatore documentato a partire dalla metà fino alla fine del XIV secolo. In lui, contemporaneo dei pittori della seconda generazione come Simone e Cristoforo, sopravvive lo spirito compositivo di Vitale, di Jacopino e dell’Illustratore. Nel Battesimo di Cristo è ancora una memoria dell’affresco di Jacopino della cappella Cavalli in Santa Anastasia a Verona, ma svolto con un ritmo più duttile e rasserenato, senza più lo stesso peso dei corpi ma con un’energia ancora brutale. Nell’episodio della Decollazione il ritmo si ricompone, come negli affreschi coevi di Andrea de’ Bartoli, ad Assisi, nella Chiesa inferiore: analogo il legarsi dei corpi in un solo sincronizzato movimento.
In questa miniatura, certi particolari dei calzari, elegantemente appuntiti, non possono non richiamare le miniature per il De bello pharsalico di Lucano nel 1373, ora alla Biblioteca Trivulziana. Ma, tipico di Nicolò, e ricorrente in tutti gli antifonari riferibili a lui e alla sua bottega nella Biblioteca Estense di Modena (in gran parte provenienti dagli Olivetani di San Michele in Bosco di Bologna, e poi dalla raccolta Obizzi al Cataio), è quel disporre gli episodi e le azioni, anche ambientati in una dimensione naturalistica (l’acqua o il terreno con le piante), contro un fondale fisso, irrealistico, in campo azzurro con fregi bianchi, a riccioli. Questo motivo, insieme all’inconfondibile ritmo e alternanza dei racemi di contorno, consiglia di riconoscere nei due fogli miniati due pagine di uno dei codici già in San Michele in Bosco. Molto simile è infatti il modo di entrare e di uscire del fogliame dallo spazio dell’iniziale a quello che vediamo nel codice a.R.1.8. = Lat. 1023 dell’Estense di Modena.
E ritroviamo il motivo nella a.Q1.3. = Lat. 1001 della stessa Biblioteca. Se sul riferimento, quindi, non possono esservi dubbi, sulla crono-logia sarà conveniente pensare a una fase tra il 1370 e il 1380, quando il linguaggio dell’artista si fa più sciolto rispetto alla stringente fase neovitalesca delle Decretali (1353) dell’Ambrosiana (Ms. B. 42 inf.), dove vediamo nell’Allegoria delle Virtù e delle Arti liberali, l’indiscutibile prototipo dell’affresco con il Trionfo di SantAgostino, realizzato da un fedele esecutore di Nicolò nel 1378 nella Chiesa di Sant’Andrea a Ferrara. Il frescante ricorda le antiche e vive immagini, che Nicolò aveva espresso in uno stile meno insidioso e travolgente, più composto.

Si tratta, comunque, di una prova dell’importanza e della diffusione delle idee di Nicolò espresse nelle miniature. Nel 1394-1395 Nicolò minia, per il Comune di Bologna, il libro dei creditori del Monte, dove la sua sigla potente si allenta. Nel 1399, a testimonianza dei loro antichi rapporti, Simone de’ Crocifissi lo nomina suo esecutore testamentario. Tra il 1403 e il 1404 l’artista muore.