Officine Grafiche Ricordi: arte e imprenditoria agli albori della pubblicità

di Stefano Sbarbaro, estratto dal catalogo PUBBLICITÀ!

In quel delicato passaggio vissuto in Italia con oltre un decennio di ritardo, che segna per la nascente arte pubblicitaria una presa di coscienza verso una prima maturità linguistica, l’importanza ricoperta dall’esperienza delle Officine Grafiche Ricordi è unanimemente riconosciuta dall’ampia letteratura che si è sviluppata attorno alla storia del cartellonismo e confermata dall’attenzione collezionistica che da subito si è indirizzata verso gli “avvisi figurati” realizzati dall’azienda milanese che, fino ad allora, si era distinta, a livello internazionale, principalmente nell’ambito dell’editoria musicale.

Seppur sia ampiamente condiviso un ruolo pionieristico e cruciale alle Officine Grafiche Ricordi, mancava ancora uno studio approfondito che andasse nella direzione di una ricostruzione puntuale di questa straordinaria avventura artistica e imprenditoriale, che ha il merito di raccogliere e coordinare attorno alla figura di Adolf Hohenstein (1854-1928) la formazione della prima generazione dei grandi cartellonisti italiani, annoverando figure del calibro di Giovanni Maria Mataloni (1869-1944), Leopoldo Metlicovitz (1868-1944), Leonetto Cappiello (1875- 1942) e Marcello Dudovich (1878-1962), soltanto per citare i più noti. L’Archivio Storico Ricordi ha dato di recente avvio a questa ambiziosa ricerca, che ha tra gli obiettivi la ricomposizione dell’ampia produzione cromolitografica pubblicitaria stampata nell’arco temporale di oltre mezzo secolo, a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento. La storia della dinastia imprenditoriale comincia nel 1808 con Giovanni Ricordi che, da semplice copista, darà vita a un’impresa nell’editoria musicale che rivoluzionerà il sistema produttivo operistico italiano.

Adolf Hohenstein, primo direttore artistico delle Officine Grafiche Ricordi

Il successo di Casa Ricordi si configura attorno a un’abile strategia nella quale si operò alla continua ricerca di una posizione dominante nel frammentario settore musicale del tempo. Il catalogo Ricordi si arricchisce da una parte attuando un’attenta politica contrattualistica, con la quale l’azienda stabilisce rapporti diretti e privilegiati con i maggiori musicisti del tempo, dall’altra procedendo con convinzione in una lunga serie di acquisizioni di partiture e manoscritti da svariati editori musicali, un tempo concorrenti. È del 1825 l’ottenimento dell’archivio del Teatro alla Scala; in mezzo secolo si venne così a costituire un imponente catalogo che assicurò all’azienda un ruolo egemonico con cui gestire i diritti di pubblicazione editoriale e controllare inoltre la messa in scena degli allestimenti operistici. Perché Casa Ricordi costruisce il suo impero in primo luogo attraverso il noleggio ai teatri delle partiture musicali e, in parte, anche con la vendita al dettaglio, costituendo una rete di filiali in continua espansione; ma è con l’intervento diretto nel controllo della produzione dello spettacolo che Casa Ricordi, scavalcando il ruolo che un tempo fu degli impresari teatrali, giunse a una posizione di assoluto dominio nel sistema musicale.

Un vantaggio competitivo assicurato inoltre dall’affermazione in quegli anni della legislazione sul riconoscimento e sulla tutela del diritto d’autore , la cui giurisprudenza ebbe modo di stabilizzarsi in Italia grazie alle battaglie legali di Casa Ricordi. È proprio questo rinnovato scenario normativo, nel quale è possibile scambiare “l’opera di ingegno” sul mercato, che autorizza Casa Ricordi a consolidare i propri investimenti industriali realizzando un nuovo stabilimento milanese, eretto nel 1883 in viale di Porta Vittoria 21, ricordato dalle cronache dell’epoca come uno dei più moderni ed efficienti d’Europa.

Nel grande edificio di oltre 4000 metri quadrati, la produzione cromolitografica affianca per la prima volta la stampa delle proprie edizioni musicali in un sistema congegnato per una completa autonomia editoriale che comprendeva quindici macchine litografiche di grande formato, dieci torchi litografici e nove torchi calcografici. Un giovanissimo Marcello Dudovich, precettato nel 1897 nella scuderia delle Officine, annota in una lettera le impressioni nell’operare in quella struttura che offriva dei servizi piuttosto inusuali per il tempo – “aveva persino le docce per gli operai e il deposito per le biciclette”.

Antica sede della casa editrice G.Ricordi & C. nell’edificio a fianco del Teatro alla Scala di Milano.

Uno stabilimento capace di produrre 25 milioni di fogli da musica annui e che si distingueva inoltre nella litografia di lusso, nella pubblicazione di cataloghi, almanacchi, riviste e cartoline illustrate, azioni e titoli industriali su carta filigranata e naturalmente materiale pubblicitario come i manifesti, o meglio i “cartelli artistici”, come venivano chiamati in Casa Ricordi, che per l’azienda erano autentici fiori all’occhiello oltre che uno strumento di elevazione offerto alle masse da educare al senso estetico e all’arte. Fu Giulio Ricordi a imprimere un cambio di visione alle Officine Grafiche quando, nel 1888, prendendo in mano le redini dell’azienda, affidò all’artista, scenografo e costumista tedesco Adolf Hohenstein il ruolo di direttore creativo, affiancandogli alcuni anni dopo Leopoldo Metlicovitz come direttore tecnico.

La gestione integrata delle produzioni operistiche prevedeva uno sviluppo di ideazione grafica che poneva sullo stesso piano la realizzazione delle scenografie e dei costumi così come il complesso impianto promozionale ideato a sostegno della rappresentazione teatrale. In questo processo, un posto di primo piano lo aveva sicuramente il cartellone murale, con le sue declinazioni di formato, ma si articolava coerentemente in un unico orizzonte visivo che comprendeva inoltre: cartoline postali da collezione realizzate in serie, che riportavano gli snodi narrativi della trama; annunci e illustrazioni sulle riviste pubblicate da Ricordi; e ancora le copertine di spartiti musicali con le riduzioni per canto e pianoforte, così come i libretti d’opera o curiosi bolli chiudilettera18. Sebbene fossero diversi in Italia gli stampatori di qualità attivi nella produzione di avvisi figurati19, gli artisti coinvolti nel progetto delle Officine Grafiche Ricordi operavano in un contesto unico e ad alta densità creativa, in cui una profonda sensibilità artistica trovava nella visione imprenditoriale e industriale di Giulio Ricordi uno slancio verso la ricerca di un linguaggio grafico e comunicativo aggiornato, capace di allinearsi ai modelli stilistici offerti da quel “modernismo internazionale” che apriva, nel quadro del fervore della Seconda rivoluzione industriale, le premesse necessarie per la nascita del linguaggio pubblicitario.

Adolf Hohenstein, La Bohème, 1896. Officine Grafiche Ricordi

Le atmosfere art nouveau dei manifesti di Cherét saranno dunque un riferimento per le Officine Grafiche Ricordi, che guardavano al padre della réclame cromolitografica anche come modello su cui impostare in termini organizzativi il processo creativo e produttivo. La nomina di Adolf Hohenstein come art director va proprio in questa direzione; la linea di demarcazione in termini stilistici è ben identificabile accostando due celebri manifesti operistici pucciniani stampati dalle Officine Grafiche Ricordi per Manon Lescaut del 189320, di Vespasiano Bignami, e quello per La Bohème del 1896, che grande fama darà a Hohenstein. Nel primo caso l’artista si limita a rappresentare in termini illustrativi e con tinte bicromatiche nero e seppia la scena finale della morte di Manon, rappresentandola morente tra le braccia dell’innamorato Des Grieux, pedissequamente collocati in “America. Una landa sterminata ai confini di New Orleans”, come recita la didascalia che introduce l’ultimo atto. Per La Bohème, invece, Hohenstein mostra una chiara volontà di aggiornamento al gusto della Belle Époque, che è poi il contesto in cui si dipana la vicenda di Rodolfo e Mimì, così come è chiaro il riferimento a Cherét nella volontà di intendere, attraverso una nuova sintassi grafica, l’esplorazione di formule espressive e comunicative all’insegna del dinamismo e della suggestione cromatica.

Leopoldo Metlicovitz, Cabiria, 1914. Officine Grafiche Ricordi.

Sono le prime scintille da cui si avvierà il fuoco creativo della nascente arte pubblicitaria, il cui linguaggio, proprio in quegli ultimi scorci dell’Ottocento, cominciava ad affrancarsi dalle discipline artistiche figurative proprio sulla spinta offerta dal gusto art nouveau o nella declinazione italiana del Liberty. Casa Ricordi si trovava dunque ancora una volta in una posizione di vantaggio competitivo; le Officine Grafiche erano il luogo ideale per la formazione all’arte cromolitografica al punto da attrarre tutta la prima generazione dei grandi cartellonisti che, oltre ai nomi citati all’inizio di questo testo, annovera figure come Giovanni Beltrami (1860-1926), Aleardo Villa (1965-1906), Franz Laskoff (1869-1921) e Aleardo Terzi (1870-1943), seguite da personalità quali Achille Beltrame (1871-1945), Enrico Sacchetti (1877-1967), Plinio Codognato (1878-1940), Luigi Emilio Caldanzano (1880-1928), Gian Emilio Malerba (1880-1926), Giuseppe Palanti (1881-1946) e Achille Luciano Mauzan (1883-1952), ma l’elenco potrebbe allungarsi ancora. Una leadership nel settore confermata anche dalle numerose committenze che giungevano alle Officine Grafiche Ricordi che in parte si giustificano con l’impatto sociale e culturale che l’opera ha avuto nell’Italia risorgimentale e post unitaria, e che trova il più alto livello di suggestione nelle straordinarie sintesi visive di Hohenstein, per la già citata Bohème e per Tosca (1899), o per le struggenti ed enigmatiche visioni che Metlicovitz ha con i manifesti di Madama Butterfly (1904) e Turandot (1926), immagini iconiche di un’epoca passata ormai pienamente sedimentate nell’immaginario collettivo del nostro tempo.

Le principali aziende italiane, così come la grande industria, si rivolsero alle Officine per realizzare le proprie campagne pubblicitarie, il cui perno visivo era rappresentato proprio dall’affiche; impossibile elencare qui le numerose collaborazioni con i principali marchi del Paese e con alcune realtà internazionali, che spesso proseguivano per diversi anni (il caso più eclatante fu sicuramente la ventennale collaborazione con i Magazzini Mele di Napoli22). Le Officine erano inoltre tra le poche realtà attrezzate per far fronte alle necessità comunicative di grandi eventi che richiedevano uno sforzo sia di natura produttiva, in ragione delle ingenti tirature richieste, sia nell’elaborazione integrata della declinazione visiva, che solo un’équipe ben coordinata, organizzata e professionalmente preparata poteva assolvere. Non è dunque un caso che l’azienda fosse coinvolta nei principali eventi del tempo, a partire dalle Onoranze a Volta nel Centenario della Pila, Esposizione Internazionale di Elettricità e dell’Industria serica (1899), Monaco, Exposition et concours de canots automobiles (1900), l’Esposizione Nazionale d’Igiene di Napoli (1900), Roma IX Centenario dell’Abbazia e l’Esposizione d’Arte italo-bizantina a Grottaferrata (1904-1905), situazioni in cui le elaborazioni visive sul manifesto ufficiale furono affidate al primo art director Adolf Hohenstein. Ma fu sicuramente in occasione dell’Esposizione Internazionale di Milano del 1906, nella quale si celebrava l’apertura della galleria del Sempione, che Casa Ricordi con le sue Officine fu impegnata ad affermare e ribadire internazionalmente il prestigio dell’azienda, al punto da essere presente con una propria mostra all’interno del salone dedicato alle arti decorative, nella quale si esponeva fieramente una significativa selezione di materiale cromolitografico con i più importanti manifesti realizzati.

Tutto il materiale comunicativo che ruotava attorno al celebre manifesto di Metlicovitz, divenuto poi emblema dell’evento, fu stampato nello stabilimento di via Porta Vittoria 21. L’ascesa delle Officine Grafiche Ricordi è evidente scorrendo le tante nuove committenze che arrivavano dalle principali aziende italiane; segnalo la vittoria al concorso indetto nel 1911 da Borsalino, che consacra definitivamente Dudovich a maestro indiscusso del cartellonismo italiano26, e la realizzazione dei manifesti per la partecipazione italiana all’Esposizione Universale di Bruxelles del 1910 (sempre a firma di Dudovich), e quello che Metlicovitz disegna per l’Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro di Torino del 1911. La costante espansione di Casa Ricordi autorizza la costruzione nel 1910 di uno stabilimento quattro volte più grande27 del precedente situato all’Acquabella, fuori dalla porta Monforte, in viale Campania 42. La posizione dominante delle Officine Grafiche Ricordi, con la loro produzione per “conto terzi”28, fu incontrastata fino alla morte del commendator Giulio Ricordi, avvenuta nel 1912. La realizzazione della campagna pubblicitaria per il capolavoro del cinema muto Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone, con le didascalie scritte da d’Annunzio, per il quale vengono realizzati da Caldenzano e Metlicovitz diversi soggetti da manifesto tratti dalle scene del film e la titanica campagna realizzata per la quarta sottoscrizione di guerra indetta dal Credito Italiano (1917), a firma di Mauzan, forse la più pervasiva e impressionante operazione di propaganda mai condotta in Italia29, sono le ultime due grandi imprese condotte dalla Officine Grafiche Ricordi che dimostrano quanto l’azienda fosse presente nei principali eventi sociali e culturali del tempo.

Con l’uscita dalla Grande Guerra, la dinastia Ricordi lascerà il comando dell’azienda; la nuova gestione riserverà alla stampa cromolitografica un’attenzione più circoscritta per gli anni a venire, ma la produzione si arresterà soltanto nell’agosto del 1943, quando un bombardamento distrusse lo stabilimento all’Acquabella. La stampa cromolitografica aveva però fatto il suo tempo e stava per essere soppiantata da una nuova concezione compositiva basata sul montaggio fotografico più che sull’abilità nel disegno. Ricostruendo ex novo le proprie sedi, l’azienda investì su tecnologie più aggiornate dando vita nel dopoguerra a una nuova esperienza con le Arti Grafiche Ricordi.

La parentesi pionieristica occupata dalla vicenda delle Officine Grafiche Ricordi, di primaria importanza nella storia del cartellonismo, resta comunque un capitolo importante nella genesi del linguaggio pubblicitario italiano. L’impianto creativo voluto e pensato per le Officine anticipa di fatto nello spirito le modalità operative delle moderne agenzie di comunicazione, modello che giunse in Italia dagli Stati Uniti soltanto nel dopoguerra. Giulio Ricordi, nel suo ideale disegno di imprenditore illuminato e visionario industriale che interpreta e induce il rinnovamento, oltre che con l’opera e la musica ambiva a educare la società anche con quelle straordinarie e multiformi invenzioni visive; opere d’arte a tutti gli effetti e nel contempo prodotti dell’artigianalità e della tecnologia, pensate per stupire i passanti che un tempo le ammiravano nelle strade, ma che ancora oggi riescono a farci sognare con il loro carico comunicativo, denso di suggestioni e di racconti.