Antonio Canova

La Tersicore di Antonio Canova

Scheda critica dedicata al capolavoro di Antonio Canova conservato nella collezione permanente della Fondazione Magnani Rocca.

Si tratta dell’ultima opera d’arte acquistata da Luigi Magnani poco prima di morire, nel 1984, proveniente da una collezione privata, dopo aver fatto parte della collezione del conte Giovanbattista Sommariva, uno dei più illustri e singolari collezionisti italiani dell’epoca napoleonica. Di oscure origini, nato presso Lodi nel 1700, il Sommariva divenne avvocato di successo, ammassando una grossa fortuna; nel 1796 si trasferì a Milano, dove aderì alla causa francese, sì da diventare la personalità più influente nella città durante la breve stagione della Repubblica Cisalpina (1800-02).

Antonio Canova, Tersicore, 1811, marmo di Carrara
Antonio Canova, Tersicore, 1811, marmo di Carrara

Tuttavia, nel 1802, cadette in disgrazia, sembra anche per via di dubbie speculazioni finanziarie, e dovette cedere il primato al rivale, il conte Melzi. Nel 1806 si trasferì a Parigi, dove acquistò dalla famiglia Montmorency un’hôtel nella Rue Basse des Ramparts (poi demolita per la costruzione dell’attuale Boulevard des Capucines), e si dedicò al collezionismo, dividendo le sue raccolte fra la casa parigina. méta di illustri visitatori, e la sua Villa Carlotta a Cadenabbia sulle rive del lago di Como. Alla sua morte, nel 1826, la collezione, ormai famosa, contava opere di J.-L. David (Amore e Psiche oggi nel Cleveland Museum of Art), Girodet, Prud’hon, Guérin, Tadolini, Acquisti, Thorvaldsen, etc., e tre marmi di Antonio Canova: il Palamede (Cadenabbia), la Maddalena (Genova, Palazzo Rosso) e la Tersicore (Fondazione Magnani Rocca).

L’8 ottobre 1812 Leopoldo Cicognara scrisse al Canova: “Sommariva mi scrive di aver una musa inspiratrice che lo fa vostro genero. Oh che buon uso egli ha fatto della sua fortuna! Io perdono a Caco, e a Mercurio per lui” (G. Venturi, Leopoldo Cicognara, Lettere a Canova, Urbino, pp.27-28, 1973). Si tratta della statua in marmo, a tutto tondo e grande al naturale (altezza cm 182) che rappresenta Tersicore, Musa della danza e del canto corico ma qui interpretata con un’iconografia più inconsueta come Musa della poesia lirica, appoggiata perciò alla lira posta su un alto podio con l’iscrizione in greco (ΤΕΡΨΙΧΟRΗ ΛΥRΑΝ) e sul lato di esso, i caducei donati da Mercurio ad Apollo scolpiti in bassorilievo; la statua è firmata e datata sul retro del cippo in basso: “ANT. CANOVA F. AN. MDCCCXI”. Compiuta verso la fine del 1811, la statua era iniziata nel 1808 come ritratto di Alexandrine Bleschamps, seconda moglie di Lucien Bonaparte, fratello minore di Napoleone e principe di Canino; il Canova scrisse al Quatremère de Quincy il 21 gennaio 1809 che aveva finito il modello della figura (A.C. Quatremère de Quincy, Canove et ses ouvrages, Parigi, p.368, 1834), mentre sempre nello stesso anno G. A. Guattani nelle sue Memorie Enciclopediche Romane sulle Belle Arti e Antichità (IV, Roma, pp.10-12) diede notizia dell’opera appena compiuta come un ritratto della Bleschamps in veste di Musa. Esistono nella Gipsoteca canoviana di Possagno due busti in gesso (nn.193-194) che ritraggono la Bleschamps, del 1808 e in rapporto con la prima fase di questa commissione. Poiché non vi è alcuna relazione fra la sua fisionomia e quella della testa della statua compiuta nel 1811, si deve supporre che nel 1810 o 1811 il Sommariva abbia prelevato la commissione e fatto cambiare al Canova la testa raffigurante la Bleschamps con quella attuale, idealizzata e non riconducibile ad un modello specifico.

È a questa seconda e definitiva fase del lavoro che si riferisce il Canova nella sua lettera a Quatremère de Quincy in data 11 Febbraio 1812, quando annunciò che la Tersicore era da poco terminata (Quatremère de Quincy, op. cit., pp.382-383).

All’inizio del 1813 il Sommariva fece pervenire la statua a Parigi dove fu immediatamente esposta al Salon assieme alla Danzatrice che il Canova aveva scolpito per l’imperatrice Joséphine. Ivi fu al centro di vivaci discussioni perché, come osservò il Missirini (Della vita di Antonio Canova, Prato, p.194, 1824), “Queste opere cominciaron a stabilire veracemente la fama del Canova nella capitale della Francia, ov’egli avea trovato maggiori opposizioni”. Le opposizioni si rilevano nella lettera che il Quatremère de Quincy scrisse al Canova il 30 gennaio 1813 (Lettere scelte dell’inedito epistolario di Antonio Canova, Vicenza, pp.86-89, 1854): ”… Il male fu che la vostra bella Tersicore fu esposta in un tempo, che la opinione pubblica, preoccupata dai casi lamentevoli di queste ultime ed inaudite circostanze di guerra, diede poca attenzione alle cose d’arte. Il Salone era quasi vuoto e la vostra statua non ha fatto quell’impressione, che avrebbe prodotto in un altro istante. Ma però è stata gradita, e lodata dagl’intendenti. Gli artisti hanno trovato, che il vostro panneggiar è migliorato. Mi sono lasciato dire che questa Musa era stata di prima origine un ritratto della sposa di M.r Lucien. Vorrei che fosse vero; e questo mi spiegherebbe la ragione di certe. non so se debba chiarirle scorrezzioni, che la critica s’è compiaciuta di ravvisaci. Per esempio hanno trovato il collo un poco grosso e lungo, le spalle un poco basse, il petto ed i seni troppo poco risentiti, e un poco minuti. Tutte queste critiche svaniscono se la statua fu fatta per esser ritratto. Del resto la testa è bella oltre modo, e cito il partito del panneggiar ingegnoso e grazioso”. Infatti tutta la critica coeva si è soffermata sulla “novità di disposizione” del panneggiare (L. Cicognara, Storia della Scultura, VII, Prato, p.263, 1824). Lo stesso Cicognara ne fu entusiasta (lettera al Canova scritta da Parigi il 24 luglio 1813 in Lettere scelte, op. cit., pp.90-92): “Ho anche veduta la Musa di Sommariva. Che castigatura! che maturità che sublimità di concetto! Quei panni Greco-Italiani, e non francesi, con quanta grazia cadono, e ravvolgono quelle membra! quel gesto com’è soave! quel collo come dolcemente piegato! e come ondeggia con grazia tutta la linea di quella persona! Quando mi affacciai, mi dolsi delle macchie del marmo. Dopo un quarto d’ora il marmo non aveva per me macchia alcuna. Voi siete, che operate con sì magico impero tale rivoluzioni sui sensi!”. Infine un’altro elogio venne dal Quatremère de Quincy (op. cit., pp.160-162, 1834): “La Muse de Canove parut répondre à sa destination, c’est-à-dire au caraetère de richesse et de simplicité idéale toutefois, que le sujet exige. Noble sans affectation, ni rechérché de détails minutieux … son habillement est simple, mais riche en même temps, par la noblesse ingénieuse de l’ajustement de la draperie supérieure que vient lui faire comme une sorte de ceinture. Celle-ci, se raccordant avec les plis inférieurs, produit une chute heureuse en accompagnement du cippe, et une variété de travail fort agréable entre les deux étoffes.” La posa è “à la fois simple et variée. La tête, dans la noblesse de sa forme et l’élegance de sa coiffure, rappelle de que l’antique, en ce genre, a pu inspirer de plus analogue au sujet. Cette tête, vue de profil quand le corps est vu de face, donne aussi un intérêt de variété à tout l’ensenble”.

La statua rimase presso gli eredi del Sommariva nella casa parigina e figurò nella vendita all’asta della collezione nel 1839 (cat. a cura di C. Paille lotto 131). Era fra le molte cose invendute in quella circostanza e fu probabilmente riportata in Italia da Emilia Seillère Sommariva, vedova di Luigi (figlio di Giovanbattista); è infatti ricordata nella casa Sommariva di Milano nel 1866 (S. Brigidi, La vita di Antonio Canova in “Lettere di Famiglia”, n.s. II, Firenze, p.27) e, dopo la morte della Seillère, nel 1888, passò in proprietà ad un altro ramo milanese della famiglia, dove è rimasta sino a tempi recenti. Fu prestata nel 1931-40 alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. La statua compare sullo sfondo del ritratto di Giovanbattista Sommariva, dipinto dal Prud’hon (Salon del 1814), oggi nella Pinacoteca di Brera a Milano.

Della Tersicore esiste il modello originale nella Villa Carlotta a Cadenabbia, il gesso ricavatone nella Gipsoteca di Possagno (E. Bassi, La Gipsoteca di Possagno, Venezia, p.185, n.192, 1957) e una replica autografa più tarda in marmo con qualche piccola variante (alt. cm 177), acquistata nel 1968 dal Cleveland Museum of Art (H. Hawley, Antonio Canova, Terpsichore in “The Bulletin of The Cleveland Museum of Art”, LVI, n.10, pp.287-304, 1969): quest’ultima versione fu eseguita nel 1814-16 (firmata e datata 1816) per il collezionista inglese Simon Houghton Clarke.

Artista
Antonio Canova
Anno
1811
Tecnica
scultura