Morandi e Campigli

Massimo Campigli, Donne al sole, 1931, olio su tela, collezione privata
Massimo Campigli, Donne al sole, 1931, olio su tela, collezione privata.

“Io certo sono fra i pittori meno mutevoli. Ma più che trovarmi monotono, mi meraviglio della varietà, per esempio, dei miei soggetti, o chiamiamoli pretesti. Perché vado cercando non la varietà, ma il soggetto perfetto, che io possa magari dipingere all’infinito, come Morandi le sue bottiglie.”

In effetti già dai primi anni trenta Campigli “compone” le proprie scene giustapponendo forme come nei palcoscenici di oggetti morandiani. Come avviene per Giorgio Morandi, in cui le bottiglie, i fiori, divengono segni che trasfigurano la dimensione comune dell’oggetto fino a sublimarlo, l’apparizione delle figure femminili in Campigli non riproduce la donna come luogo comune, ma trascina questa presenza verso l’evocazione del reale, il mistero, l’intima alterità che essa sembra custodire; consacrano entrambi la propria opera al silenzio delle cose, necessario come congiunzione fra il simbolico e l’empirico, come incontro con l’inesprimibile visione della bellezza della forma pura sottraendo la figura alla mortificazione di una mera ripetizione.