
H come Harem l'Alfabeto di Massimo Campigli

Vocabolo di antica ascendenza turca da sempre presente nell’immaginario collettivo del maschio occidentale, teoricamente monogamo, capace di evocare languide atmosfere orientali e di far sognare anche al cosiddetto normal man di essere signore e padrone di schiere di donne bellissime prone a ogni suo desiderio.
Campigli nasce e trascorre la primissima infanzia in un microcosmo in cui la figura maschile è assente e quelle femminili si scambiano i ruoli-la mamma è in realtà la nonna,la giovanissima zia è la vera madre. A soli otto anni il piccolo Campigli ha già elaborato una sua, precoce ma personale e precisa fantasia di harem.Ne darà una esatta trasposizione in immagini a quarantasette,nel 1942 quando pubblica il libro d’artista Il Milione di Marco Polo. Le litografie in esso contenute illustrano l’infantile elucubrazione. Il palazzo ha una curiosa struttura: al centro un’alcova dalle pareti traforate permette al sultano-pittore che giace in compagnia della favorita di vedere quello che succede nelle altre stanze disposte a semicerchio su più livelli piene di donne intente a rituali squisitamente femminili. Sul frontespizio il Gran Can in trono è l’autoritratto di Massimo Campigli, autoironico nei confronti della propria ossessione,il suo “tic” come lo definisce lui stesso: le donne.
testo di Maria Cecilia Alberici