Nel 1945 il famoso regista Alfred Hitchcock contatta Salvador Dalì con una richiesta molto particolare: gli chiede di realizzare un incubo. Dalla fantasia di Dalì nascerà la scena centrale di Io ti salverò (Spellbound), il thriller psicologico con Ingrid Bergman e Gregory Peck.

Sullo schermo si muovono occhi giganteschi, paesaggi metafisici, figure senza volto e naturalmente oggetti che si sciolgono. È così che l’artista catalano porta il Surrealismo a Hollywood facendolo scoprire al grande pubblico. 

Nel quadro “Mostro molle in un paesaggio angelico” (1977) è presente una delle immagini ricorrenti di Dalì, cioè l’oggetto molle, inconsistente, deformato che è metafora del corpo (e della mente) in continua trasformazione.

Al contrario di molti surrealisti focalizzati sul sogno notturno, Dalì sviluppa una poetica dell’allucinazione diurna. Questo metodo, che l’artista chiamava “paranoico-critico” (riprendendo gli studi sulla paranoia dello psicologo Jacques Lacan) si basa sull’idea che immagini e visioni si fissano nella mente, trasformandosi in ossessioni e ripetizioni che vengono riportate poi sulla tela.

Il mostro molle di Dalì proviene dai Musei Vaticani. È stato infatti donato al Papa Giovanni Paolo II dal Re di Spagna Juan Carlos nel 1980 (un regalo molto curioso se si considera che Dalì era ritenuto da molti osceno e persino blasfemo).