La fine di Dio, secondo Lucio Fontana

Sospese tra misticismo e sperimentazione le opere della serie “La fine di Dio” sono anche tra le più quotate, infatti una di queste tele è stata battuta all’asta nel 2015 per la cifra record di 29 milioni di dollari.

Nel 1963, quando è già conosciuto per i suoi tagli e buchi, Fontana sperimenta una nuova serie che chiama Concetto Spaziale – La fine di Dio. Sono 38 opere realizzate su grandi telai ovali della stessa dimensione e si distinguono per le costellazioni di buchi, squarci e graffiti che in alcuni casi interessano solo parte della tela monocroma, in altri ne caratterizzano tutta la superficie ricoperta di colore ad olio (a volte anche da lustrini). 

“Dio è invisibile, Dio è inconcepibile. Dunque, oggi un artista non può presentare Dio su una poltrona col mondo in mano, la barba… E allora ecco che, anche le religioni, devono aggiornarsi con le scoperte della scienza.”*

Concetto spaziale, La fine di Dio, 1963. Fondazione Lucio Fontana, Milano

Al contrario di come potrebbe far pensare il titolo, quest’opera è un vero e proprio “atto di fede”. Fontana fortemente influenzato dalla “corsa allo spazio”, voleva lanciare un messaggio chiaro: l’uomo e le religioni di fronte alla grandezza dell’universo devono lasciarsi alle spalle l’innata aspirazione all’immortalità.

“Allora, io faccio un gesto, credo in Dio, faccio un atto di fede… Dunque: Dio è nulla, ma è tutto, no?”*

L’iconografia dell’uovo è ben nota alla storia dell’arte, racchiudendo l’idea di nascita, amore e perfezione assoluta. Dal Rinascimento con Piero della Francesca fino ad arrivare all’epoca contemporanea con Constantin Brancusi, Andy Warhol, Piero Manzoni e Jeff Koons sembra quasi che ogni artista voglia regalarci la propria interpretazione dell’uovo.

Tra le 50 opere della mostra “Lucio Fontana. Autoritratto“, c’è anche uno straordinario “Concetto spaziale. La fine di Dio” del 1963.

*dall’intervista con Carla Lonzi. L’audio integrale si può ascoltare in esclusiva all’interno della mostra


Articolo a cura di Adelaide Fracca – Tirocinante della Fondazione Magnani-Rocca studia Economia e Nuove Tecnologie Digitali all’Università di Parma