
“Se ti arrendi a quattordici anni, ti abituerai a farlo tutta la vita”. Stefano Benni
Campigli non si è arreso: ha percorso la lunga strada del successo elaborando il suo complesso di Edipo tramite l’arte.
Perché un’infanzia come la sua sarebbe da scrivere nei manuali per futuri psicanalisti: padre sconosciuto e assente, la madre che si finge zia e la scoperta della verità nella delicata età dell’adolescenza, a quattordici anni. Così come è mancata una figura di riferimento maschile nella sua vita, mancano figure maschili nelle sue opere: le città viste con i suoi occhi sono popolate solo da donne; queste sono idealizzate e irraggiungibili, ma anche raffinate ed eleganti come poteva essere sua madre. Ma le donne di Campigli sono prigioniere: resta in lui forse la paura dell’abbandono, il desiderio di rinchiudere quello che di sua madre trova nelle altre donne, e di tenerlo solo per sé.