L’Italia sta ancora scuotendosi di dosso le macerie della Seconda Guerra Mondiale e alla Biennale molti paesi mancano all’appello, così viene chiesto alla Guggenheim di esporre nel padiglione della Grecia le sue 150 opere acquistate negli anni su consiglio di amici artisti come Marcel Duchamp e Man Ray.
Ma le opere di Peggy Guggenheim sono considerate troppo provocatorie e la sua collezione viene etichettata come “morbosa” “torbida” dall’opinione pubblica perbenista.

Eppure i critici d’arte accolgono l’evento positivamente e molti artisti, soprattutto i Surrealisti italiani saranno fortemente influenzati dalle opere esposte.

“La Biennale del 1948 fu come stappare una bottiglia di Champagne. Un’esplosione d’arte moderna dopo il tentativo del Nazismo di ucciderla.” (Vittorio Carrain).

Tra le opere della leggendaria Biennale del 1948 ci sono decine di tele surrealiste di Mirò, Max Ernst e Salvador Dalì. E c’è anche “Il Pomeriggio soave” di Giorgio de Chirico.

Ne “Il Pomeriggio soave” del 1916 c’è tutta la poetica metafisica di de Chirico. C’è quell’atmosfera sospesa, misteriosa e onirica che tanto piace ai Surrealisti. Ci sono gli elementi architettonici classici e quelle ombre da film noir. E poi ci sono gli oggetti quotidiani che, inseriti in contesti non convenzionali, creano uno sconcerto logico, un inaspettato senso di straniamento.

Ecco allora che sulla tela di de Chirico compaiono dei semplici biscottini krumiri, di quelli che le signore offrivano con il tè del pomeriggio, ma inseriti nel suo scenario metafisico diventano oggetti magici di un sogno, capaci di affascinare e inquietare al tempo stesso.