di Stefano Roffi, estratto dal catalogo Severini — l’emozione e la regola.
La mostra “Giacomo Balla Astrattista Futurista”, da poco terminata alla Fondazione Magnani Rocca, costituisce, insieme a quella attuale su Gino Severini, un intenzionale dittico espositivo, dedicato a due personalità artistiche non propriamente affini ma assai vicine per parte del loro percorso.
Al rientro da un fondamentale soggiorno di sette mesi a Parigi nel 1900, Balla lavorò alacremente nel suo atelier romano di Porta Pinciana raccogliendo attorno a sé i giovani più ansiosi di modernità, come Boccioni e Severini, i quali, affascinati dalla pittura di Balla e dalla sua diversità, ricevettero in quello studio, con i primi insegnamenti, la prima apertura verso una moderna tecnologia sperimentale del colore e della luce che dai principi del Divisionismo doveva portarli fino alle conquiste dinamiche del Futurismo. “Boccioni – racconta Severini sempre nella sua autobiografia – aveva scoperto Balla, da poco tornato da Parigi, e tutto penetrato delle idee dell’Impressionismo. Fu Giacomo Balla, divenuto nostro maestro, che ci iniziò alla nuova tecnica moderna del “divisionismo” senza tuttavia insegnarcene le regole fondamentali e scientifiche. Giacomo Balla era un uomo di un’assoluta serietà, profondo, riflessivo, e pittore nel più ampio senso della parola. Sull’esempio dei pittori francesi, aveva un amore esclusivo della natura, a cui domandava tutta l’ispirazione, fino all’eccesso. Se in un paesaggio ci fosse stata una vecchia scarpa, avrebbe dipinto anche quella. […] Balla dipingeva con colori separati e contrastanti, come i pittori francesi; la sua ‘qualità pittorica’ era di prim’ordine, genuina, con qualche analogia con la materia e la qualità di un Pissarro. Fu una grande fortuna per noi d’incontrare un tale uomo, la cui direzione decise forse di tutta la nostra carriera”.

Balla insegnava ai suoi allievi non solo a ricercare attraverso la purezza delle linee e nella sintesi della struttura la verità del paesaggio, ma cercava di trasporre nel loro spirito quello stesso amore per la luce e per quei delicatissimi rapporti tonali attraverso i quali far nascere improvvise sinfonie di colori; grazie all’esempio del maestro, Severini e gli altri allievi impararono non soltanto un metodo ma soprattutto una disciplina e una filosofia dell’arte che sarà la base sulla quale poi costruire la nuova religione del Futurismo. Dalle poche opere note dipinte negli anni tra il 1900 e il 1906, data che vede la partenza da Roma per Parigi sia di Boccioni che di Severini, è evidente come i due artisti avessero maggiormente assorbito da Balla quella sua così particolare maniera di stendere il colore e quel suo così tipico tratteggio di pastello. Da Balla apprendono a costruire il dipinto sul colore stratificando le tinte fino a ottenere le combinazioni più luminose; grazie a lui approfondiscono quei principi indispensabili per tracciare le linee e ottenere una costruzione equilibrata. Ma presto le strade si divideranno. Mentre Balla continuerà a sostenere con risultati sempre più originali – basti pensare al dipinto La giornata dell’operaio del 1904 – quel Divisionismo così personale, Severini cercherà più moderne avventure; con Roma abbandonerà anche Balla e la sua verità analitica. “Bisogna dire – racconta Severini – tanto io quanto Boccioni, sviluppando istintivamente e logicamente in noi la visione e la teoria impressionista (con un modo di fare ardito e violento), ci si avvicina senza rendercene conto all’espressione cezanniana”. E tuttavia l’esperienza romana non verrà cancellata: l’opera di Severini resterà sempre legata a una percezione del colore e a una sensibilità divisionista, così a Parigi svilupperà una visione cromatica vicina alla pittura di Seurat, del quale certamente Balla gli aveva raccontato, inserendosi nel filone della tradizione francese. Di Seurat, intuendone la modernità attraverso gli studi sul complementarismo dei colori e sulle teorie scientifiche di fine Ottocento intorno agli accostamenti cromatici, Severini ammirava l’equilibrio tra soggetto, composizione e tecnica: “Devo dire che lo capii subito appena arrivato a Parigi; in Italia fu capito da Balla, Boccioni, ma non s’impadroniscono abbastanza del difficile mestiere divisionista, né di quella difficile concordanza tra realismo e romanticismo, ch’egli espresse in un modo così semplice ed efficace”. Le simpatie della maggioranza in quel periodo vanno a Cézanne ma è grazie a Seurat che Severini intende finalmente il Divisionismo nelle sue reali potenzialità e, coniugandolo con il pointillisme francese, lo assimila con risoluta autonomia, dando una svolta decisiva al tocco e all’uso del colore, a piccole nuances organizzate e contrastate nel tono.
Severini proseguirà la propria vita e carriera fra la Francia e l’Italia, che considerava le sue due patrie, svolgendo un ruolo fondamentale di trait d’union tra la cultura artistica dei due paesi e mantenendosi in contatto con Balla rimasto a Roma sempre insieme alla famiglia adorata; nel 1951 Severini favorirà l’acquisto da parte del Musée National d’Art Moderne di Parigi del dipinto di Balla Il pianeta Mercurio passa davanti al sole nel telescopio, del 1914, contribuendo all’affermazione internazionale (tardiva) del suo maestro.