Massimo Campigli, Ping pong, olio su tela, 1951.
Massimo Campigli, Ping pong, olio su tela, 1951.

Trame fitte legano e, allo stesso tempo, separano le donne di Massimo Campigli. Inserite in spazi geometrici estremamente razionali che vorrebbero dar ordine a tutto ciò che sfugge al controllo volontario dell’artista, le sue prigioniere vivono in una dimensione onirica di tranquillità beata: vanno a teatro, si dedicano alla toeletta, riscoprono l’antico gioco del diabolo, cuciono, chiacchierano ma mai si allontanano.

Regali, fragili e preziose sono principesse votate alla schiavitù, sono destinate a divertimenti solitari, a popolare palazzi da sogno, conventi in cui ognuna detiene la propria cella. Campigli, spinto da moti contrastanti di gelosia e protezione, tende una vera e propria trappola alle sue dame: le distanzia dai pericoli del mondo tramite balaustre, le ripone sotto le teche dei suoi musei personali, le incornicia in nicchie, che permettono di vederle, mai di sfiorarle. Donandogli collane, anelli e orecchini, le incatena a sé per sempre.