
Trame fitte legano e, allo stesso tempo, separano le donne di Massimo Campigli. Inserite in spazi geometrici estremamente razionali che vorrebbero dar ordine a tutto ciò che sfugge al controllo volontario dell’artista, le sue prigioniere vivono in una dimensione onirica di tranquillità beata: vanno a teatro, si dedicano alla toeletta, riscoprono l’antico gioco del diabolo, cuciono, chiacchierano ma mai si allontanano.
Regali, fragili e preziose sono principesse votate alla schiavitù, sono destinate a divertimenti solitari, a popolare palazzi da sogno, conventi in cui ognuna detiene la propria cella. Campigli, spinto da moti contrastanti di gelosia e protezione, tende una vera e propria trappola alle sue dame: le distanzia dai pericoli del mondo tramite balaustre, le ripone sotto le teche dei suoi musei personali, le incornicia in nicchie, che permettono di vederle, mai di sfiorarle. Donandogli collane, anelli e orecchini, le incatena a sé per sempre.