Una scheda di Vittorio Sgarbi dedicata al capolavoro di Tiziano conservato nella collezione permanente della Fondazione Magnani Rocca.
Proviene da Palazzo Balbi di Piovera a Genova, dove lo ricordano le guide antiche (Ratti, 1780; Alizeri, 1846) e dove rimase fino al 1952. L’Alizeri ne avvertì subito l’eccellenza, parlandone fra le opere degli artisti non genovesi della collezione: “Compiuto il debito di cittadino, passo agli altri pittori, il cui nome non domanda osservazioni…
Tale è Tiziano Vecelli che signoreggia fra tutti con la gran tavola de Santi Domenico e Caterina in adorazion di Maria”. Il dipinto entra nella letteratura critica con Cavalcaselle e Crowe, che, nella monografia su Tiziano (1877-1878), dopo averne dato una dettagliata descrizione, concludono: “Questa tela (le cui figure sono di grandezza circa naturale) per i giovanili e graziosi caratteri delle figure, come per il colorito e la tecnica esecuzione, mostra essere stata eseguita da Tiziano nel tempo della sua gioventù, e forse quando fece i Baccanali pel Duca di Ferrara”. Aggiungono alcune osservazioni sullo stato di conservazione.
In seguito (1892) il Morelli ribadisce il riferimento a Tiziano, contro l’infondato parere del Mündler, che aveva proposto un’attribuzione al Licinio: “Come questo fine indagatore poi abbia potuto attribuire allo stesso B. Licinio la magnifica opera giovanile di Tiziano del Palazzo Balbi Piovera a Genova, è per me incomprensibile”. Dopo l’intervento del Morelli la letteratura critica, con l’eccezione del Gronau (1900), tace del dipinto fino al 1946, quando il Morassi lo illustra sulla rivista “Emporium” e lo presenta alla “Mostra della pittura antica in Liguria”. Lo studioso ritiene che l’opera sia stata commissionata dal ramo veneziano della famiglia Balbi, presumibilmente un ramo collaterale del quale facesse parte un Domenico, vista la presenza del santo patrono.
Nel 1951, è ripresentato dal Morassi nel volume “Capolavori della pittura a Genova” e nel 1952 nel catalogo della mostra “La Madonna nell’arte di Liguria”, a cura di Pasquale Rotondi.
La critica successiva è concorde nel ritenere l’opera giovanile, dal Berenson (ca. 1515) al Pallucchini, al Dell’Acqua, al Valcanover, allo Wethey, allo Hope. Valcanover e Dell’Acqua, nel giudicarla “una fra le più antiche” Sacre conversazioni di Tiziano, richiamano come precedente il quadro votivo di Anversa. Il Pallucchini, nella sua monografia definitiva del 1969, ne fissa la data al 1513 circa. Si tratta dunque, insieme al Battesimo di Cristo della Galleria Capitolina, all’Allegoria delle tre età dell’uomo della National Gallery di Edimburgo e alla Sacra Conversazione della stessa Galleria, forse immediatamente precedenti, di una delle primissime opere in cui, pur nella calda memoria dell’amico, “Tiziano giovane sgombra pienamente la timidezza di Giorgione”, come scrisse felicemente il Longhi. D’altra parte non possono che convenire anche a quest’opera le parole del Longhi, efficacissime, sui dipinti coevi: “Pure, anche il movente classicistico di Giorgione serviva ora a qualche cosa, ché la sutura delle forme non avviene più sul filo dei volumi e dei piani quasi cristallizzati come in Antonello, nel Bellini, nel Carpaccio, cioè soltanto per disposizione o giustapposizione, ma per matura ‘composizione’ di gesti liberi e profondi, direi quasi in arcata spaziale. S’imbastiscono i corpi come un’immaginaria pittura greca che abbia conquistato a un tratto la facoltà di attraversare solidamente lo spazio. Ripenso ai due quadri estensi col Baccanale e la Festa degli Amorini, alle Tre Età di Lord Ellesmere e mi avvedo che mai Firenze e Roma seppero altrettanto rivivere una sognata classicità. In tutto Tiziano giovane è veramente qualche cosa di fidiaco: il suo impasto stesso ha il tepore vivente del marmo greco e la medesima sensualità sublimata, incolpevole, in confronto a quella troppo carica e fragrante del Giorgione ultimo”.
Per il Dell’Acqua la Madonna Balbi “colpisce per la grandiosa impostazione delle figure”; su questo aspetto insiste anche il Pallucchini, che interpreta la situazione sentimentale del dipinto: “Un flusso di sentimento lega la composizione: dallo sguardo intimo e adorante del santo a quello pieno di devozione dei donatore fino a quello materno della Vergine. Da questa necessità di colloquio psicologico scaturisce la disposizione formale delle figure; in particolare quel grandioso movimento, quasi ispirato a un romanismo michelangiolesco della figura della Madonna nella veste rosso acceso. Raffinatissima è l’immagine della bionda Santa Caterina, seduta su di un architrave classico e volta di profilo verso il donatore: sopra il camice bianco luminosissimo essa indossa una veste lilla chiaro leggermente dorata, mentre un manto verde le cade dalle spalle. Queste squillanti note cromatiche fanno spicco a sinistra, staccando dal fondo bruno intenso; invece le due figure di destra sono realizzate in una fondamentale economia coloristica: il nero del manto del San Domenico e quello del mantello del donatore staccano accanto al bianco luminosissimo della tonaca del santo. Si inverte cioè il rapporto di toni; qui gli scuri sono in primo piano, quasi con lo scopo di stagliare quelle figure come grandi sagome, sullo sfondo di paesaggio. Da un verde declivio spuntano alberi a ciuffo ed un gruppo di case rustiche, con una torre, mentre all’orizzonte il cielo si scalda e nuvolaglie leggere, dorate, animano il cielo”.
Il Morassi e il Dell’Acqua avevano sottolineato, in particolare, “il procedimento usato dal Vecellio delle velature sovrapposte a un impasto a corpo, che appunto consente di riprendere in più tempi, in vista di un accordo finale, le varie parti dei quadro. Ma soprattutto importa notare come il principio fecondo del ‘classicismo cromatico’ di Tiziano … consista nell’elezione stessa del colore, lievitato di interna luminosità, che rende altrettanto ‘ideali’ l’azzurro e il rosso acceso di uno scrosciante paesaggio quanto l’oro di una capigliatura o il caldo avorio di un volto” (Dell’Acqua) “il che significa che non soltanto le linee e i volumi informano la composizione stessa, ma soprattutto il colore, inteso come elemento costitutivo dell’insieme armonico dei quadro, in una nuova orchestrazione dei suoi valori” (Morassi).
Per lo Wethey il dipinto potrebbe alludere a una celebrazione di matrimonio, ma l’assenza di una sposa come donatrice induce a scartare questa ipotesi. Nondimeno “the portrait of the male donor and his patron saint are interpreted in an intensely romantic vein, which one usually characterizes in Titian’s work as the Giorgionesque survival”. Possiamo aggiungere che i due ritratti maschili preludono e consuonano con il mondo morale di Lorenzo Lotto e con l’inclinazione romantica di Palma il Vecchio. D’altra parte, delle figure femminili di quest’ultimo sono progenitrici la Madonna e la Santa Caterina. In particolare la santa è anche il prototipo, nella sua “pungente eleganza”, delle mezze figure femminili tizianesche, dalla Salomè Doria, alla Flora degli Uffizi, alla Violante di Vienna, alla Santa Brigida della paletta del Prado, alla Maddalena della Sacra Conversazione di Dresda. In quest’ordine di considerazioni andrà accolta anche la suggestiva proposta dello Hope, per il quale “the secular counterpart of the Reggio Madonna is the so-called Sacred and Profane Love”. Si noti, tra l’altro, il comune rapporto tra le figure e il rilievo classico su cui poggiano, quasi un’indicazione della continuità e della sostanziale unità tra il mondo pagano e il mondo cristiano. E’ innegabile inoltre, e già lo ebbe a osservare il Ballarin, che da un’opera come la Sacra Conversazione Balbi discendano le composizioni più tipiche del Palma: “Il Palma più noto è debitore a questo momento di Tiziano, e sarebbe troppo facile elencare le opere che riuscirono determinanti per la maturazione del suo gusto: basta citare per tutte la Sacra Conversazione Balbi … La Sacra Conversazione con committenti della collezione Thyssen, uno dei vertici del Palma, è certo posteriore a quella Balbi di Tiziano, il riscontro è puntualissimo per la figura del committente”. D’altra parte lo studio per la testa di Eva (Parigi, Louvre) del Palma sembra derivato in controparte dalla testa della Santa Caterina Balbi. Più tardi conobbe e apprezzò il dipinto il Van Dyck, che ne trasse alcuni schizzi, forse derivati dall’incisione del Wyngaerde, nel suo “Italian Sketchbook” (comunicazione orale di Mario Bonzi in Morassi, 1946′). Copie del dipinto sono in Palazzo Rosso a Genova e presso Mrs. Riddle a Hale (England). La copia di Palazzo Rosso, dei XVIII secolo, conferma la presenza a Genova ab antiquo dell’originale di Tiziano.