Stile essenziale, forme semplici, linee stilizzate e al contempo estremamente eleganti: sono questi i tratti caratteristici della pittura di Modigliani. Nato nel 1884 a Livorno, egli raggiunse il picco di maturità artistica una volta stabilitosi a Parigi – nel 1906 – dove ebbe modo di lasciarsi suggestionare dall’atmosfera estetica che avvolgeva la capitale francese agli inizi del secolo. Grandi furono senz’altro le fonti che trovò, da Cézanne, Toulouse-Lautrec, Brancusi e all’emergere della scultura africana, così come incisivi furono anche gli anni della formazione che rimasero sempre da sfondo nella manualità pittorica dell’artista, richiamando quell’essenzialità tipica dell’arte senese.

Dal 1913 Modigliani decide di dedicare la sua produzione unicamente al campo della ritrattistica. Il suo animo sensibile, delicato tanto quanto complesso, leggeva nella tecnica del ritratto un mezzo per arrivare allo spirito intimo di chi gli sedeva di fronte, un tentativo di approccio unico che ha reso riconoscibile a livello internazionale il personaggio.

Ciò che Modigliani operava durante la stesura di un ritratto andava ben oltre la semplice raffigurazione di un viso, in quanto la ricerca personale dell’artista era volta più di tutto a catturare l’anima delle persone. Le emozioni e i tormenti dei suoi modelli venivano scoperti e trasposti su tela; un’interiorità che l’artista coglieva attraverso la resa dello sguardo. Erano infatti gli occhi il mezzo attraverso il quale Modigliani raggiungeva lo spettro nascosto di ognuno.

Reduci dell’influenza dell’Art Nègre e del periodo scultoreo affrontato assieme a Brancusi, gli occhi “alla Modigliani”, dal taglio allungato, appaiono ben lontani da una raffigurazione realistica: apparentemente vuoti, a colore pieno, come fossero delle vere e proprie finestre per l’anima, diventano la cifra stilistica dell’artista.

Attualmente in esposizione alla Fondazione Magnani Rocca si trova uno degli esempi cardine per questa poetica dello sguardo, celata dietro lo stile pittorico di Modigliani: si tratta de La femme au col blanc (1917), olio su tela ritraente l’amica e modella prediletta Lunia Czechowska. La giovane donna, ripresa in una posizione rilassata con le mani in grembo – un evidente richiamo a Cézanne –, affascina il visitatore a partire proprio dagli occhi, vitrei e profondi al tempo stesso, protagonisti di un volto raffinato che Modigliani non si stancò mai di rappresentare.

“I suoi occhi privi di pupille e il suo sguardo celeste e assente la rendono un personaggio inafferrabile, immerso in una meditazione profonda, fuori dal tempo.”

Sophie Bernard,
Conservatrice capo del patrimonio del Musée de Grenoble

La resa dello sguardo è sicuramente un dettaglio determinante per l’effetto complessivo di un ritratto, e tanti furono i pittori che si dedicarono a questa delicata arte, offrendo interessanti spunti di riflessione su come gli occhi possano incidere così notevolmente su un volto.

Negli stessi anni, a Vienna, arde una personalità non tanto distante da quella di Modigliani. Egon Schiele, anch’egli animo fragile, sensibile e tormentato, rivolge le sue capacità artistiche a raffigurazioni pittoriche di donne e uomini, dedicandosi in larga parte anche alla ritrattistica. Sebbene le vite di Modigliani e Schiele siano compagne nello spirito, pur lontane nello spazio, gli atteggiamenti pittorici e gli esiti stilistici dei due artisti risultano notevolmente diversi. I corpi – i volti – dei personaggi di Schiele sono la trasposizione del disagio interiore che l’artista provava. Emozioni forti, travolgenti, angosciose che si riflettono nell’estrema espressività in veste realistica degli occhi che venivano ritratti. In questo caso allora, a differenza di Modigliani, gli sguardi nei suoi dipinti fungono da specchio per l’artista stesso: in essi egli si ritrova, comunicando così quella vasta gamma di sensazioni contrastanti che sempre lo accompagnò.

La femme au col blanc, Amedeo Modigliani

Ma un certo confronto avviene anche all’interno della stessa Villa di Mamiano dove La femme au col blanc non è l’unico ritratto femminile a catturare l’attenzione dei visitatori. Grazie ad un recente riallestimento, infatti, si può entrare in contatto con un’altra figura femminile dallo sguardo ammaliante: Anna Maria (1962) di Renato Guttuso esprime una visione diametralmente opposta allo stile morbido e sensibile di Amedeo Modigliani. Questa figura, dai tratti espressivi forti, deformati, presenta uno sguardo ben più deciso, occhi grandi, carichi di espressività, che travolgono l’osservatore in un dialogo complice.

Ed ecco come gli occhi delle due donne guardano in modo differente: se l’Anna Maria di Guttuso pare rivolgere l’attenzione all’esterno, lo sguardo di Lunia – come in tutti i ritratti di Modigliani – sono piuttosto rivolti all’interno di se stessa, in un dialogo introspettivo, che coinvolge chi la ammira nel vortice dell’anima che la vive. Così Modigliani, noto per la sua personalità tanto sensibile quanto fragile, voleva rivelare ed entrare lui stesso nell’interiorità delle persone che ritraeva, traghettando, attraverso gli occhi, all’esplorazione di ciò che per lui era la più grande fonte di ispirazione e tormento: l’animo umano.

Autore: Carmela Perera

Laureanda in Comunicazione e Media Contemporanei per le Industrie Creative all’Università di Parma, amante di arte e lettere fonde entrambi gli interessi nella passione per la scrittura.


Scopri tutti i contenuti della mostra “Amedeo Modigliani. Opere dal Musée de Grenoble”, i contenuti della Villa dei Capolavori e molto altro nell’Archivio storico.