“Pollock è un pasticcione che non ha fatto nient’altro che del Post-impressionismo, e di Spazialismo e di misura di spazio nuovo non ha capito niente. Lui voleva uscire dal quadro, però l’ha imbrattato, il quadro: c’è un gesto di ribellione e basta.”
Quando nel 1967 Lucio Fontana viene intervistato da Carla Lonzi ha quasi settant’anni (morirà di infarto l’anno successivo) e si può togliere qualche sassolino dalla scarpa, rilasciando dei commenti caustici e molto divertenti sugli artisti del suo tempo.
In particolare critica gli artisti americani, soprattutto la Pop-Art di Lichtenstein e Oldenburg e Rauschenberg che è “un copiatore di Duchamp in una maniera scandalosa”. Lo fa con il suo carisma argentino-milanese che oggi, a distanza di più di 50 anni, riesce ancora a strapparci un sorriso.
“Pollock è un macaco tale che l’abbiamo inventato noi europei”
Per Fontana Pollock aveva fallito nell’obiettivo di andare oltre la pittura, era rimasto ancorato alla vecchia dimensione della tela senza riuscire a superarne la superficie bidimensionale come invece succede con i concetti spaziali che, attraverso buchi e tagli nella tela, svelano allo spettatore lo spazio, la luce e quindi l’infinito.